IL MUSEO DELLA MERDA A CASTELBOSCO.

 

GENESI

Il Museo della Merda è nato in Lombardia nel 2015 su iniziativa dell’imprenditore agricolo Gianantonio Locatelli e di un gruppo di sodali: Luca Cipelletti, che ne cura progetti e prodotti, Gaspare Luigi Marcone e Massimo Valsecchi.

L’idea è stata concepita a Castelbosco, in provincia di Piacenza. Una realtà industriale che produce latte per il Grana Padano e comprende sette unità produttive. Qui ogni giorno 3.500 bovini di razza selezionata producono circa 500 quintali di latte e 1.500 di sterco. Una quantità di deiezioni la cui gestione Locatelli ha deciso di trasformare in un progetto ecologico, produttivo e culturale avveniristico. Ha cominciato ricavando, con sistemi innovativi, elettricità dallo sterco. Oggi ne ottiene fino a 3 megawatt all’ora. Riscalda gli edifici e gli uffici dell’azienda con la temperatura sviluppata dai digestori quando scambiano il letame in energia. Produce concime. Attività che gli sono valse l’attenzione di istituzioni internazionali dedicate a ecologia e innovazione, riconoscimenti e premi; e che fanno di Castelbosco un punto di riferimento.

 

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PRINCIPIO

In vent’anni di lavoro e riflessioni intorno all’idea e alle pratiche della trasformazione, anche attraverso la sua attività di ricercatore di opere d’arte, Locatelli ha iniziato a chiamare intorno a sé amici e artisti, avviando il processo che avrebbe portato alla definizione del disegno del Museo della Merda. I primi invitati a intervenire nello spazio e sul paesaggio di Castelbosco sono stati David Tremlett e Anne e Patrick Poirier. Il primo ha dipinto i digestori, trasformandone la meccanica in segno; i secondi hanno incrociato botanica e allegoria in un’opera di land art evolutiva. Da queste esperienze, e dal contributo crescente di Cipelletti, Marcone e Valsecchi ha preso gradatamente forma l’idea di un museo nuovo, che germinando dallo sterco avrebbe affrontato il tema della trasformazione. Un’agenzia per il cambiamento che con attività divulgative e di ricerca, la produzione di oggetti d’uso quotidiano e la raccolta di manufatti e storie sugli escrementi nell’attualità e nella storia, avrebbe scardinato preconcetti e norme culturali.

La prima fase del progetto si è compiuta nell’Aprile 2015 con l’inaugurazione delle sale espositive del Museo, nelle stanze al pian terreno della sede dell’azienda, nel castello medievale di Castelbosco. Qui sono raccolte, tra aggiornamenti continui e nuove commissioni, testimonianze di esperienze estetiche e scientifiche, umane e animali, attuali e passate, che della merda fanno materia utile e viva. Dallo scarabeo stercorario, considerato divino dagli egizi (e simbolo del Museo), all'utilizzo dello sterco nell’architettura, dalle antiche civiltà italiche all’Africa, passando per opere storico-letterarie come la Naturalis Historia di Plinio. Fino alle ricerche scientifiche più attuali e alle opere d’arte che toccano l'uso e riuso di scarti e rifiuti. Un contemporaneo gabinetto di curiosità che trova il suo principio guida nella scienza e nell'arte della trasformazione.

 

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ATTIVITÀ

Il Museo della Merda è stato immaginato da principio come produttore, non soltanto di idee e mostre, ma di oggetti e progetti. È  la sua specificità: non c’è trasformazione senza produzione. Emblematica in questo senso l’invenzione e registrazione, nel suo primo anno di vita, della Merdacotta®, materiale che sintetizza i principi di sostenibilità e trasmutazione alla base degli obiettivi scientifici del Museo. Materiale in cui sono stati plasmati tutti i primi prodotti a marchio Museo della Merda: vasi, portafiori, mattonelle, piatti, ciotole, una brocca, una tazza… Forme semplici, pulite, rurali, il cui disegno azzera ogni frivolezza e intenzionalità per rimettersi a princìpi antichi. Dichiarando che la loro sostanza non è nella forma, ma nella materia di cui sono fatti. Oggetti che ridisegnano il ciclo della natura in un circolo virtuoso, rivelandosi elementi essenziali del vivere contemporaneo.

I “prodotti primordiali” del Museo sono stati presentati per la prima volta durante il Salone del Mobile 2016, in una mostra che è valsa a Cipelletti e a Locatelli che l’hanno ideata il primo premio del Milano Design Award. Con la seguente motivazione: “per il racconto di un processo di grande complessità e innovazione, capace di destabilizzare la percezione comune. Il percorso didattico scardina tutti gli stereotipi didascalici per proporre un’esperienza sensorialmente rilevante, che promuove una nuova visione della cultura del progetto”.

 

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