L’opera Alfabeto, 1973, di Claudio Parmiggiani (1943) è composta da 22 fotografie (realizzate da Luigi Ghirri in collaborazione con Tiziano Ortolani; ciascuna cm 50 x 50) che riescono a rievocare l’idea di un “museo nel museo” sintesi di natura, cultura, scienza, magia, alchimia, trasformazione alla base del progetto del Museo della Merda. Come scrive Daniela Palazzoli, riportando le parole dell’artista, “21 tavole più 1, ‘il matto’, come nel gioco dei tarocchi, una sorta di cosmologia grottesca e di rimandi mnemonici, una storia naturale che invece è diventata innaturale e soprattutto stravolta. 21 immagini tratte dalla collezione di storia naturale di Lazzaro Spallanzani […] alla fine, una tavola bianca con una scritta evanescente – alfabeto –, la definizione del lavoro. Alfabeto inteso come risultato delle parole – delle intenzioni collettive – delle ideologie politiche – un museo traslocato o delocato in un altro museo. Le tavole inoltre corrispondono, alle simbologie delle carte dei tarocchi”[1]È ancora l’artista a suggerire delle “istruzioni per l’uso” su questo affascinante lavoro citando una frase di Nietzsche: “‘La cosa più facile è anche la più difficile; vedere coi propri occhi quello che sta sotto il proprio naso’. Mi sono appropriato di questa dichiarazione, perché convinto che questa frase definisca in modo elementare ma esemplare l’antico ed essenziale rapporto tra immagine e osservatore. Così l’unico rimando è all’occhio e alla memoria, occhio e memoria per vedersi chiari già oltre se stessi. […] Quindi le immagini: ALFABETO per gli occhi”[2].

Gaspare Luigi Marcone (Ottobre 2017)

 


[1] Cfr. Claudio Parmiggiani, Alfabeto, testo di N. Balestrini, prefazione di D. Palazzoli, L’Uomo e l’Arte editore, Milano, 1974.

[2] Claudio Parmiggiani, Alfabeto, Museo di Storia Naturale Lazzaro Spallanzani, testi di N. Balestrini, C. Parmiggiani, Reggio Emilia, 1975, p. 15.