Il progetto di realizzazione del Museo della Merda a Castelbosco pone un rilevante rapporto sinergico tra la scelta curatoriale e il tema della luce. Infatti, al tema preponderante che definisce i propositi museali e ispira la linea generale di comunicazione, si unisce proficuamente quello dell’illuminazione nel supportare la visita reale o virtuale sottolineando una forte interdipendenza con il mondo dell’energia e delle risorse naturali. Infatti, il processo di trasformazione dell’energia è alla base della fenomenologia qui indagata: il rapporto tra la natura, le sue risorse primordiali e la capacità dell’uomo imprenditore di interpretarne le sue potenzialità insite, al fine di ampliare lo spettro di conoscenza ed esplicitarne i benefici verso un’economia verde e sostenibile. In apparenza la luce potrebbe essere scambiata per una risorsa legata alla sola percezione della realtà circostante, ma nella realtà scientifica e in quella percettiva svolge un ruolo che attinge alle funzioni vitali e alla rappresentazione simbolica delle stesse.

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Nel caso della crescita delle piante la radiazione luminosa determina l’indispensabile attività clorofilliana. In altri casi la trasformazione dell’energia può essere un indicatore visivo molto suggestivo nel processo di metanizzazione a partire dai liquami organici dei letamai. La fenomenologia delle bioluminescenza di batteri geneticamente modificati che si nutrono di metano, ne costituisce un esempio molto convincente. Tuttavia, nelle viscere del museo, secondo il progetto di Luca Cipelletti, sono esplorati anche concetti e principi sul re-impiego dell’energia trasformata e della materia desueta, che comunemente vengono discussi ma raramente perseguiti.
La luce, infatti, diventa un filo conduttore nel sottolineare l’impianto ex-novo di riscaldamento tubolare alettato che corre in tutte le sale. Mette in risalto la morfologia stessa dello scambiatore energetico, recuperatore di energia termica, sprigionando allo stesso tempo un flusso luminoso che “scalpella”, percettivamente, le antiche irregolarità dei muri portanti del castello.

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Diversamente dal principio di una fonte luminosa occultata, si delinea la ri-edizione delle storiche fonti luminose a sospensione citando l’apparato impiantistico e le lampade che, nel caso specifico, diventano riproposizioni a LED della storica lampadina a filamento. All’insieme di intersezioni visive tra gli effetti delle evocazioni storiche, quelle pienamente incentrate sull’innovazione tecnologica capace di minimizzare gli ingombri,
diminuire i consumi, aumentare il ciclo tecnico di vita e aumentare esponenzialmente l’efficienza energetica si sovrappongono le scelte simboliche adottate per gli esterni del castello. Infatti, gli effetti luminosi pensati per le facciate ed i percorsi attigui si ricollegano al tema museale in cui l’energia, la natura e l’agire dell’uomo trovano un punto d’incontro per generare idee e spunti di riflessione per rilanciare le nuove sfide della convivenza tra modo di fare impresa e armonizzazione con il territorio.
Di notte il castello, provocatoriamente, si trasforma in un gigantesco calderone in ebollizione visiva, con effetti di luce primordiale che debordano e colano dalle finestre e dalle aperture di coronamento superiore, nel segno di un fenomeno fantastico ed immaginario che simboleggia il principio dell’autosufficienza e dell’abbondanza energetica all’insegna delle energie rinnovabili e sostenibili.

Alberto Pasetti (Aprile 2015) 

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