
Gli Scarabeoidea sono un gruppo di coleotteri molto diversificato e cosmopolita, che risulta a livello mondiale rappresentato da 2.200 generi con 35.000 specie; i coprofagi sono circa 7.200 specie.
In natura gli scarabei stercorari sono molto utili perché forniscono svariati “servizi ecosistemici”. In particolare, ripulendo la superficie dei terreni dallo sterco evitano il formarsi di agenti parassitari e scavando i loro tunnel aumentano la porosità del terreno, l’areazione e l’infiltrazione di acqua, incrementando le proprietà idrologiche e il ritorno al suolo di elementi nutritivi[1].
Alcuni scarabei (“roller”) sono noti per la peculiarità di trasportare lo sterco sotto forma di una sfera che viene fatta rotolare dal luogo di raccolta fino alle loro camere di nidificazione scavate nel sottosuolo; per questi insetti coprofagi lo sterco è usato sia come proprio nutrimento sia come materiale usato per plasmare i nidi in cui verranno deposte le loro uova. Secondo i ricercatori della Lund University (Svezia), University of the Witwatersrand e University of Pretoria (Sud Africa) alcuni scarabei stercorari (Scarabaeus satyrus) si orientano nei loro percorsi osservando la Via Lattea[2].
Nell’Antico Egitto lo Scarabaeus sacer fu assimilato a Khepri “dio del sole nascente”; lo scarabeo era connesso alla rinascita e all’immortalità del Sole. La sfera di sterco fu associata al disco solare.
Daphna Ben-Tor, curatrice della sezione di Archeologia Egizia dell’Israel Museum di Gerusalemme, sostiene che lo “scarabeo stercorario, era venerato in Egitto sin dall’epoca preistorica […] Il nome egizio dello scarabeo deriva dal verbo essere creato, venire al mondo. Gli Egiziani consideravano l’insetto l’incarnazione del dio creatore che si era autogenerato” per arrivare alla “concezione dello scarabeo come incarnazione del dio creatore, il cui culto già nell’Antico Regno si era fuso con quello del dio Sole, [generando] la diffusione del culto di Khepri, il dio del sole nascente, raffigurato nell’arte egizia da un uomo con la testa di scarabeo. Lo scarabeo divenne così un simbolo di rinascita assimilato al Sole del mattino che risorge ogni giorno”[3].
L’arte egizia, come noto, ha avuto una storia e una linea di sviluppo lunga circa tre millenni; la figura dello scarabeo e la sua trasposizione in manufatti quali amuleti, sigilli, monumentali sculture o raffigurazioni parietali hanno quindi subìto variazioni in base alle epoche, alle situazioni storico-sociali e geografiche e alle dinastie regnanti. In estrema sintesi quindi si può dire che gli amuleti con forma di scarabeo furono tra i più comuni nella cultura egizia e con il passare dei secoli si diffusero anche in Medio Oriente, Grecia, Sardegna, Etruria; la loro dimensione può variare da 1 a circa 10 centimetri, la rappresentazione del dorso dello scarabeo può essere realistica o molto schematica ed essenziale mentre la base può essere decorata con geroglifici, motivi floreali e/o geometrici, rappresentazioni divine, umane e animali o anepigrafa. Anche i materiali variano notevolmente; si hanno pezzi in steatite o in pietre semipreziose fino a rari esemplari in argento, avorio, oro. Questi piccoli manufatti potevano essere deposti nelle tombe come oggetti dei corredi funerari o usati come talismani nella vita quotidiana degli uomini. Gli scarabei con dimensioni maggiori (circa 3,5-11 centimetri) sono detti “scarabei del cuore” – quasi sempre in pietre di colore verde colore associato alla rinascita, giovinezza e salute – sulla cui base è spesso incisa una formula del Libro dei morti; l’oggetto veniva posto sul torace o nell’addome del defunto mummificato. Per gli Egizi il cuore era l’organo più importante perché rappresentava l’essenza della vita; gli “scarabei del cuore” dovevano proteggere il defunto durante la cerimonia della psicostasia: il cuore del defunto veniva posto su una bilancia e confrontato con il peso del cuore della dea Maat che simboleggiava la verità, la giustizia e l’ordine.
Nel Museo della Merda sono visibili varie tipologie di scarabei egizi di periodi e materiali diversi. In una apposita sala, polifunzionale, i reperti egizi dialogano con autentici scarabei “secchi” – provenienti da varie parti della Terra – allestiti in teche di vetro semicircolari. Nella stessa sala, trasposte su alcuni tablet, appaiono numerose immagini raffiguranti lo scarabeo tratte sia da antichi volumi di entomologia sia da libri e documenti appartenenti alla Biblioteca e agli Archivi di Egittologia dell’Università degli Studi di Milano selezionate in collaborazione con gli egittologi Patrizia Piacentini e Christian Orsenigo del Dipartimento di Studi letterari, filologici e linguistici dell’ateneo milanese. Un’installazione audio, invece, riproduce la lettura, seguendo una “pronuncia convenzionale” elaborata dagli studiosi, di un passo del papiro Bremner-Rhind (British Museum No. 10188) che ha come soggetto l’idea di “creazione” e nel quale Khepri e la sua radice verbale sono protagonisti.
Un diorama mostra sia un simpatico video relativo alle avventure di uno scarabeo sia i diversi comportamenti tra “dwellers”, “tunnelers” e “rollers”, ovvero rispettivamente gli scarabei che stazionano nel mucchio di sterco, quelli che scavano tunnel nel terreno subito sotto il mucchio e infine coloro che trasportano la palla di sterco lontano dal luogo di origine per poi scavare i loro tunnel e le camere di nidificazione.
Le informazioni eco-etologiche e bibliografiche sugli scarabei sono state fornite da Claudia Palestrini del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università degli Studi di Torino.
Lo scarabeo è il logo-simbolo del Museo della Merda.
Gaspare Luigi Marcone (Ottobre 2017)
[1] Cfr. i seguenti due contributi editi su www.plosone.org: B. Nervo, C. Tocco, E. Caprio, C. Palestrini, A. Rolando (2014). The Effects of Body Mass on Dung Removal Efficiency in Dung Beetles. PLoS ONE. 9(9):e107699. DOI: 10.1371/journal.pone.0107699.; C. Tocco, M. Probo, M. Lonati, G. Lombardi, M. Negro, B. Nervo, A. Rolando, C. Palestrini (2013). Pastoral Practices to Reverse Shrub Encroachment of Sub-Alpine Grasslands: Dung Beetles (Coleoptera, Scarabaeoidea) Respond More Quickly Than Vegetation. PLoS ONE 8(12):e83344. Cfr. inoltre: C. Tocco, M. Negro, A. Rolando, C. Palestrini, Does natural reforestation represent a potential threat to dung beetle diversity in the Alps? in “Journal of Insect Conservation”, volume 17, issue 1, February, 2013, pp. 207-217.
[2] M. Dacke, E. Baird, M. Byrne, C. H. Scholtz, E. J. Warrant,Dung Beetles Use the Milky Way for Orientation, in “Current Biology”, 23, February 18, 2013, pp. 298-300.
[3] D. Ben-Tor, Lo scarabeo. Il segreto della vita e il confine tra i mondi, [1993], Castelvecchi, Roma, 2005, p. 14 e p. 16.